È giunta l'ora di raggiungere Yellowstone. I km di distanza tra Jackson e l'ingresso del parco sono circa un centinaio ed è necessario passare attraverso il Grand Teton National Park, attraversandolo tutto. I due parchi infatti sono confinanti. Partiamo alle 7.30 e arriviamo con un pochino di traffico alle 9.00. La temperatura esterna comincia a scendere, le cime innevate fanno spazio ad altri scenari alpini meno affascinanti. Purtroppo i postumi degli incendi che hanno colpito queste zone sono ben visibili. Ai lati della strada si ergono, come spettri, gli abeti bruciati e la rada vegetazione non è invitante. L'impatto non è dei migliori. Passato l'ingresso ci preme trovare alloggio per questi giorni e vorremmo trovarlo dentro il parco perché le distanze dalle eventuali cittadine esterne sarebbero enormi, centinaia di km. Unica cittadina vicina è West Yellowstone ma sarebbe scomodo comunque. All'interno ci sono molti camping, alcuni prenotabili solo via web o telefono. Noi abbiamo già le idee chiare sul campeggio da scegliere, uno dei più centrali. Ci allettano due campeggi, distanti tra loro una ventina di km. Prima di arrivare al primo di essi però, visto che è di passaggio, vediamo il primo dei nostri Geyser, il West Thumb Geyser Basin. È in prossimità del Lago di Yellowstone. Yellowstone è un parco a se, completamente diverso dagli altri. È il risultato di una devastante eruzione vulcanica. Il collasso della parte centrale determinò la formazione di migliaia di bacini bollenti, calderoni d'acqua, fumarole (vapore che fuoriesce dal terreno) e formazioni di sedimentazioni di minerali di calcio e zolfo. Qui è come attraversare piane di sfumature multicromatiche interrotte qua e là da fumi di vapori che dal sottosuolo vengono su. Dopo la visita al West Thumb, dove ci rendiamo conto di quanto ci aspetta visto lo scenario "dantesco", filiamo dritti alla ricerca del campeggio verso Madison, a 53 km di distanza. Il campeggio omonimo è FULL... aiuto. Proseguiamo per il secondo, in ordine di passaggio, verso Norris, a 23 km. Anche questo con al scritta FULL. Abbastanza preoccupati, chiediamo ad una Renger dove poter andare ma lei ci dice che si sono appena liberati due posti e uno potrebbe essere per noi, volendo. Noi, VOLENDO!! Dopo attimi di esultanza, fatta la prenotazione e pagato 60 dollari (20 per notte), torniamo a ritroso sulla strada lasciata per continuare con più tranquillità il nostro giro. Oggi faremo questo versante che va da Old Faithful a Medison, mentre domani ci dedicheremo alla parte più a nord e poi il centro nel terzo giorno. Tornati giù, andiamo a vedere l'attrazione del parco, il geyser Old Faithful, l'attrazione più rappresentativa dell'intero parco. Questo Geyser erutta spesso e gli orari sono affissi in una bacheca del Visitor Center. A proposito dei Visitor center, ce ne diversi nelle diverse aree. Questo, all'Old Faithful è meraviglioso e particolare, una struttura enorme tutta di legno, con tanti spazi per il relax, per lo shopping dei souvenirs e per mangiare. Sono le 12.50 e leggiamo che oggi l'eruzione è prevista per le 13.30. Una marea di gente seduta ad aspettare lo spettacolo. C'è anche tanta polizia e controlli a tappeto. Scopriamo il perché. In visita a Yellowstone c'è il vice presidente degli stati uniti. Alle 13.30 puntuale come un orologio il Geyser fa il suo spettacolo; eruzioni di acqua bollente e vapori, ad intermittenza. Gli zampilli d'acqua vanno su. Si dice che arrivino fino a 50 metri, noi oggi non siamo riusciti a capire quanto fossero alti ma lo erano davvero tanto. Finito qui, mangiamo e ci facciamo un caffettone al Visitor Center. Via verso le attrazioni di passaggio direzione campeggio. Upper Geyser Basin, Biscuit Basin, dove facciamo una lunga passeggiata tra gyser e scenari "infernali". Proseguiamo con il Grand Prismatic Spring, un calderone di colori offerti dai minerali del sottosuolo e la luce del sole e finiamo con il percorrere una strada, la Fountain Flat drive, dove oltre a tanti bisonti non c'è altro (e non è poco vedere questi enormi colossi al pascolo). Si torna al camping. C'è ancora tanta luce perché nonostante siano le 19.00 qui il sole tramonta alle 21.30. Ci da il tempo di organizzare la macchina per dormire e la cenetta accompagnata da un buon vino.
Diario di viaggio. Impressioni, consigli, suggerimenti sul nostro viaggio attraverso gli States, tra città e grandi parchi.
"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"
12 Giugno 2019, Jackson Hole, Grand Teton National Park, secondo giorno.
E buongiorno a questa bellissima giornata di sole. Secondo giorno a Jackson Hole e al Parco di Teton. Oggi vogliamo veder la parte più centrale, quella del distretto di Colter Bay. Rientrati al parco ci dirigiamo subito verso il lago più grande, il Jackson Lake. Anche qui c'è un Visitor Center e anche qui tantissime sono le attività da fare. Noi, però, scegliamo di fare una passeggiata per vedere la parte centrale del lago, un trekking su una delle due isolette di Colter Bay, appunto. Si chiamano Lakeshore e Swan Lake ma noi faremo solo il primo, il più corto. È un trekking che fa il periplo dell'isoletta e quindi dà una visione a 360° del Lago Jackson sul quale risiede. Un paio d'ore sotto il sole, i pini, i profumi della natura...impagabili. Ci fermiamo spesso a godere delle spiaggette ciottolate in cui molte persone, probabilmente del posto, vengono a pescare. Una marea di bimbi, accompagnati da adulti, insegnanti supponiamo, si divertono a passare in fila Indiana nel sentiero circondato da natura. Uno spaccato di vita senza stress, senza rumori, senza angosce. Cerchiamo un'area picnic per fare il nostro pranzetto al sole e qui trascorriamo un'ora beata. Rientriamo verso la città ma, sorpresa sorpresa, una marea di bisonti in lontanaza. Stanno pascolano sui prati adiacenti la strada. Molte persone ferme a fare foto. Gigi impazzisce, si perde. Nonostante la macchinina fotografica, senza la sua mega attrezzatura che lo aspetta a casa buona buona, sta più di un'ora ad immortalarli. Sono animali mastodontici, spaventosi a vedersi ma poi alla fine, sono erbivori ruminanti. La visita al parco finisce così. Una raccomandazione per chi venisse qui è quella di fare subito una bella "ispezione" di questa area centale, trekking sul Jackson Lake per primi. Qui c'è l'essenza di tutto il parco. Non aspettatevi cose mai viste, soprattutto se venite da paesi alpini, ma è pur sempre una bellezza da scoprire.
11 Giugno 2019. Da Rock Springs a Jackson Hole, Grand Teton a National Park.
Dopo una buona nottata in questa camera molto confortevole, sveglia, colazione e via. Guida Gigi mentre io scrivo il Blog dei giorni precedenti. Distanza da percorrere 305 Km circa. La strada è scorrevole e c'è poco traffico. Usciremo dallo Utah per entrare in Wyoming. Nelle 4 ore di viaggio vedremo gli scenari cambiare; si passerà a scenari alpini, neve sulle montagne in lontananza e, se non fosse per le tante piccole frazioni tipicamente western e i cowboy all'opera, che portano al pascolo le mandrie, ci sembrerebbe di stare in Trentino. Cittadine con casette di legno e fiori colorati nei balconi; riproduzioni a grandezza naturale degli animali della zona, come le alci e i bisonti e tante vacche grasse al pascolo; capiamo perché le carni sono così buone e saporite. Insomma in qualche centinaio di km e qualche ora, passiamo da scenari desertici, dove le forze della natura scolpiscono e forgiano le roccie, ai paesaggi alpini, a noi italiani abbastanza familiari. Arriviamo al Grand Teton nel primo pomeriggio. Questo parco è diviso in diversi "distetti", zone diverse con tanto di Visitor Center in ognuna ed in ognuna vi sono più o meno le stesse caratteristiche; laghi meravigliosi, cascate, trekking immersi nella natura alpina. In lontananza si ergono le montagne innevate, è un gioiello. Considerando tutto però siamo arrivati alla conclusione che non sia un parco ma una "regione". Qui non ci sono bus navetta perché è davvero ampio e dispersivo. È come se dicessimo "andiamo in Val Gardena o in Val Pusteria" ecco. Si possono fare migliaia di attività all'aperto; bici, mountainbiking, trekking, pesca, giri in barca, kayaking e chi più ne ha più ne metta. Si vedono diversi impianti di risalita da piste da sci, quindi anche sport invernali. Insomma è un'enormita di area tipicamente montana. Prima tappa il Visitor Center denominato "Craig Thomas Discovery", nel distretto di Moose, parte a sud del parco. È veramente carino, con filmati del parco, attività didattico multimediali per bambini e dove ci si può già organizzare la visita all'intera area. Mappe alla mano, ci attende una tappa classica: Mormon Row. È ciò che rimane delle case mormone della fine del 19° secolo " I dirigenti della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, i mormoni, avevano inviato alcune famiglie, da Salt Lake Valley, a questo distretto, per stabilire nuove comunità e sostenere la loro popolazione in espansione. I coloni mormoni, alla fine del XIX secolo, raggrupparono le loro fattorie per condividere lavoro e comunità in netto contrasto con l'isolamento tipico di molte fattorie occidentali. Questi coloni giunsero per la prima volta nel 1890 dall'Idaho che stabilì una comunità conosciuta oggi come "Mormon Row".Gli abitanti si stabilirono in 27 case nella zona grazie al terreno relativamente fertile, al riparo dai forti venti. Nonostante le dure condizioni di Jackson Hole (quest'area appunto), i coloni mormoni coltivarono i raccolti usando l'irrigazione. Questi robusti coloni scavavano fossati a mano e, con squadre di cavalli, costruirono una rete intricata di argini e dighe per incanalare l'acqua dai fossati centrali ai loro campi tra il 1896 e il 1937. L'acqua scorre ancora in alcuni di questi fossati". Bel reperto storico da visitare. Seconda tappa suggerita dal Ranger del Visiro Center, un trekking intorno al lago Taggart, poco prima del più famoso lago "Jenny". Parcheggiata la macchina intraprendiamo questo piccolo percorso di circa 4 km. È una goduria. siamo circondati da pini che profumano l'aria. Gli abeti giganteschi fanno Natale; fiori colorati e cinguettio non mancano. Qualche scoiattolo fa capolino qua e là, ma niente orsi. Sembrerebbe che ce ne siano parecchi ma noi, fortuna/sfortuna, non abbiamo visto neanche l'ombra. Ogni tanto facciamo una deviazione verso il lago che stiamo fiancheggiando. I colori tra cielo e acqua sono unici. Tratti ancora innevati sul nostro passaggio ci danno la sensazione di "aria pulita". Veramente uno scenario tipicamente alpino, sempre meraviglioso. Finito il giro, ci dirigiamo al più rinomato Janny Lake, un'altra delle icone del Parco. Da qui si possono fare tante attività e prendere anche un battello, che porta da una sponda all'altra. Il lago è molto bello, ma non aspettatevi meraviglie assurde, è un bellissimo lago di montagna come tanti altri insomma. Finiamo la prima giornata ci conoscenza con questo parco nel pomeriggio inoltrato, sono le 17.00 e ci aspetta l'hotel nella cittadina più vicina al parco, Jackson Hole, dove alloggeremo, sempre in un Super 8. Arrivati in hotel già ci accoglie una Hall molto caratteristica, tutta di legno, con tanto di distributore di popcorn, tantissimi dolciumi e snack in un ambiente caldo e accogliente compreso di animali imbalsamati. Qui gli animalisti è meglio non vengano mai. la stessa Jackson Hole è una cittadina molto carina, in tutti i sensi, una Cortina italiana. Gli alberghi costano tantissimo e sono sempre strapieni; tanti i locali tipici western con tanto di pistole e pistoleri. Qui la caccia ai grandi animali è quasi sacra. Si respira aria di Buffalo Bill, ma è davvero molto caratteristica e molto carina. La sera infatti andiamo a mangiare una buona bistecca in un locale da fantascienza quasi. Si chiama "Gun Barrell" e, se sei animalista, ambentalista, ecologista....lascia stare. A noi è piaciuto troppo per quanto è pazzescamente "Into The Wild West". Non siamo qui a giudicare né condannare una cultura, non è il caso né avremmo la forza di poterlo fare. I locali ricettivi, tutti, compreso i pub o ristoranti, qui sono quasi tutti così. Finiamo la serata con birre buonissime e un buon taglio di carne con contorno per la modica cifra di 102 dollari, qui niente è economico.
10 giugno 2019, Da Moab a Rock Springs, trasferimento
Partenza da Moab, direzione Rock Springs, tappa intermedia, di passaggio, per raggiungere il Grand Teton National Park. I Km da percorre sono 520 e impieghiamo 5 ore e mezzo. Arrivati alle 13.30 andiamo a mangiare qualcosa nell'attesa del Check-in delle 15 nell'albergo Super 8. Stiamo usando spesso questa catena di hotel perché abbastanza economica, il servizio reception è impeccabile, le stanze sono carine e confortevoli, la colazione è più che sufficiente e c'è la zona lavatrice ascugatrice, cosa per noi utilissima. Dopo il check in, prima cosa, doccia. Non abbiamo voglia né tempo per andare a scoprire questa piccola cittadina quindi ci preoccupiamo della tappa di domani.
09 Giugno 2019, Moab, Arches National Park
Di buona lena, sveglia presto; oggi visiteremo Arches National Park. Dista poco più di 8 Km da Moab. Entrati, ci dirigiamo al visitor center. Mappa e suggerimenti del ranger non mancano. Prima cosa capire se c'è possibilità di dormire nei campeggi all'interno del parco: tutti pieni eeee che CA... Ok, non ci scoraggiamo. Iniziamo a vederci questa meraviglia di parco. È caratterizzato da Archi di roccia, da cui prende il nome. I geologi dicono che il parco si trovi in cima ad un letto di sale sotterraneo che è responsabile di straordinarie opere archittettoniche, tra archi, spire, rocce in equilibro, lame sottili di rocce e monoliti erosi. Questo sale era depositato nell'altipiano del Colorado 300 milioni di anni fa, quando un mare scorreva nella regione, mare che alla fine evaporo'. In migliaia di anni i residui di inondazioni e venti forti, forgiarono e coprirono il sale con migliaia di detriti che, compressi, crearono ammassi di roccia. Crolli del sale, stratificazioni di altri materiali, temperature estreme, venti, acque e movimenti tellurici contribuirono alla formazione di monoliti con sviluppo verticale che, nei loro punti deboli, venivano logorati dalla forza dei fenomeni naturali creando dei fori che mano amano divenivano archi. Quindi, nonostante sia difficile immaginare forze così violente, vediamo intorno noi la bellezza di queste forme spettacolari. La nostra prima tappa è un trittico di Archi nella zona chiamata Windows Section. Stupisce la loro grandezza, ampiezza e forma. Per chi, come noi, non è abituato a tali formazioni naturali è di grande impatto. Tornando indietro ci fermiamo alla Balance Rock, una roccia che sembra in bilico su un monolite, un equilibrio innaturale. Continuando verso i punti d'interesse, ci fermiamo nei parcheggi di Wolf Ranch, dai quali inizia un trekking per vedere il più famoso degli Archi, il più rappresentativo: Delicate Arch. Il trekking è denominato appunto Delicate Arch Trail; è di media difficoltà ed è lungo cinque km, andata e ritorno, a bastone. È una camminata abbastanza faticosa per vari saliscendi su roccia. Nonostante il buon grip delle nostre scarpe le gambe devono lavorare. Non è un trekking per tutti, ma se si ha una buona resistenza e autostima, anche persone non proprio adatte alla tipologia di camminata, potrebbero affrontarlo. Il sentiero è ben tracciato e non è accidentato; le difficoltà stanno nelle rampe lunghe su roccia. L'obiettivo finale, il famosissimo arco, merita tale piccola fatica. Nn paghi di ciò, perché la luce ci è avversa, nel senso che l'arco è in ombra, fuori sentiero aggiriamo la conca dove è posto l'arco e lo vediamo dal versante sud, distante ma completamente illuminato dal sole. Il panorama intorno è ancor più spettacolare. Stiamo qui ad assoporare queste meraviglie coccolati da un bel sole. Siamo a circa 1500 metri di altitudine. Torniamo indietro, di rientro alla macchina dopo circa due ore di cammino a ritroso. Ripresa l'auto, andiamo diretti, percorrendo una decina di km, ai parcheggi del Devil's Garden Trailhead. Da qui parte un trekking molto impegnativo, per escursionisti esperti, che si chiama appunto Devil's Garden. È un loop che ti fa toccare 8 archi naturali ed è lungo circa 12 km; non possiamo farlo, il tempo non ce lo consente. Facciamo, però, una parte di esso fino a raggiungere il Double O Arch, due archi naturali sovrapposti. Anche questo è un sentiero difficile, sia per i cambi di pendenza, passaggi su roccia e passaggi esposti oltre che la lunghezza, sette km totali a bastone. Prima di raggiungere questi due archi abbiamo fatto le deviazioni per altri cinque archi che si trovano lungo il sentiero e sono raggiungibili, appunto, con piccole deviazioni. Rientrati alla macchina, alle 16 circa, siamo abbastanza stanchi e accaldati, il sole è davvero irresistibile ma ne è valsa la pena perché il trekking è stato meraviglioso per tutti gli ambienti e naturalistici attraversati. Prendiamo la via di rientro a Moab toccando alcuni punti panoramici raggiungibili in macchina. Ci attende lo stesso campeggio e ne siamo, comunque, felici. Tra un bicchiere di vino californiano e le nostre provviste, concludiamo la serata. Domani mattina si riparte per il Wyoming, esattamente a Rock Springs tappa intermedia di passaggio, obbligatoria visti i km da percorrere, per la cittadina di Jackson, vicino al prossimo parco da visitare, il Grand Teton....e ci avviciniamo a Yellowstone.
8 Giugno 2019. Moab, Canyoland, Island in the Sky, Dead Horse
Svegli da prestissimo, ci organizziamo la giornata. Colazione delle nostre e fermata d'obbligo per un mega caffettone in un 7Eleven (catena market a noi nota) di passaggio. Oggi ci aspetta la parte nord di Canyoland, Island in the Sky, e prima di essa, il Dead Horse, un parco caratterizzato da una mesa che domina una vallata con un'ansa del fiume Colorado che lo caratterizza. Non essendo valida la tessera annuale, paghiamo i 20 dollari di ingresso. Il percorso che porta al punto chiamato Dead Horse, che poi è il suo termine, è una striscia di asfalto di diversi km con molti punti di osservazione che dominano la vallata a destra e a manca. Arriviamo alla fine, dove il Colorado crea l'ansa nella vallata sotto di noi, siamo ad una quota di circa 1750 m. Bello ma niente di che rispetto a quanto visto precedentemente. Anche qui tentiamo l'alloggio per i campeggi ma sono tutti occupati. Non ci disperiamo come ieri perché siamo quasi certi che, mal andando, troveremo posto nel camping di ieri. Usciti da questo parco, proseguiamo per Canyoland nord. La differenza fondamentale tra questa parte di Canyoland e l'altra di ieri, Needles, è la visione panoramica dall'alto. Island in the Sky, oltre la mesa incuneata tra Green river e Colorado riverer, è una sorta di torre di osservazione di tutto l'orizzonte. Da qui si può avere una vista dalle dimensioni inimmaginabili. Nei pressi del bordo della mesa c'è il White Rim, un banco di arenaria a 366 metri al di sotto dell'Island. Ad altri 300 m. al di sotto del White Rim ci sono I fiumi, ombreggiati dagli strapiombi del canyon; al di là di essi si estendono le altre due aree, Needles e Maze. Dapprima, dopo la tappa obbligatoria al Visitor Center, con tanto di buoni suggerimenti dei rangers, andiamo al primo punto panoramico su un cratere: è il Upheaval Dome. Molte sono le teorie di creazione di tale fenomeno, da quelle scentifico/geologiche (lento movimento di depositi di sale del sottosuolo che hanno spinto strati di arenaria verso l'alto) all'impatto di un meteorite. Ancora il mistero persiste. Continuiamo in macchina toccando i vari punti panoramici che dominano la vallata. Molti i trekking da fare, la maggior parte lunghi e di medio-alta difficoltà perché spesso scendono a valle, alquanto duri da risalire. Una delle cose che caratterizza questo parco è una lunga strada sterrata, lunga 100 miglia ovvero 160 km. È la White Rim Road. Per percorrere questa strada è necessario un 4x4 serio con serbatoio pieno e scorta di carburante perché normalmente si fa in due o piu giorni, dormendo nei campground di passaggio con tanto di permesso, gratuito, rilasciato preventivamente al Visitor Center. In questo lungo percorso c'è anche la possibilità di dover tornare indietro se il guado dei fiumi non ne permettono il passaggio, uno in particolare si tova proprio in prossimità della fine. Un altro percorso fuoristrada che, per il primo tratto copia la White Rim Road per poi biforcarsi e dirigersi verso la città di Moab, si chiama Potash Road e parte da 1800 m di altitudine. Il ranger del Visitor Center ci da le giuste raccomandazioni e, dopo aver visto il modello della nostra auto al PC, ci da l'ok e noi si va. I primi 10 km con tornanti strettissimi, ripidi e a strapiombo, ci tengono alta l'adrenalina facendoci scendere di 600 metri di quota tra canyon mozzafiato. Scendendo incrociamo due fuoristrada che salgono e passiamo a malapena. La giusta concentrazione sulla guida e sulla strada non ci distolgono dall'ammirare il paesaggio dentro al canyon. Arrivati a valle dopo 13 km circa, ritroviamo il fiume Colorado e la Dead Horse; siamo a parecchie centinaia di metri al di sotto di dove visto stamattina. Da qui è molto più suggestivo e apprezzabile se non altro perché siamo soli in mezzo alla natura selvaggia di questo parco, tra canyon e rocce monolitiche sempre in equilibrio, sfidanti ogni legge di gravità. Fiancheggiando il Colorado arriviamo ad una salina molto moderna e ben organizzata. Le sue acque hanno dei colori che fuoriescono dal contesto, spaziando da tonalità di blu mare, fino al bianco del sale. Finalmente ritroviamo l'asfalto, abbiamo percorso circa 35 km di sterrato. Ora direzione Moab, a circa 20 Km. Sulla nostra destra il fiume Colorado e sulla sinistra pareti rocciose. In queste, tanti free climbers in azione, sono praticamente a bordo strada. Questo percorso in fuoristrada è stata la cosa che ci è piaciuta di piu di questa area di parco e, secondo noi, è anche la più rappresentativa di ciò che questo sia. Entrati in città, a Moab appunto, constatiamo che è molto frequentata da chi ama fare sport all'aria aperta; kayaking, rafting, mountain biking (tantissime persone in bici da strada e da montagna), ... e moto cross. Ecco perché negli alberghi e campeggi non c'è posto, soprattutto nel fine settimana ed ecco perché, oggi come ieri, dormiremo nel camping spartanissimo ma comodo, di ieri (a proposito, 15 dollari a notte).
07 Giugno 2019, Da Mesa Verde a Moab, direzione Canyoland.
Partiti da Mesa verde, ci dirigiamo a Moab, cittadina vicina al Parco Nazionale Canyoland e ad Arches, tappe quasi d'obbligo per chi intraprende questo giro dei parchi. La destinazione è a circa 280 km, prima di raggiungerla però facciamo tappa alla parte est di Canyoland perché per noi è di passaggio. Canyoland è una vastissima area di 840 km ², un deserto roccioso nel cuore dell'altopiano del Colorado. Acqua e gravità sono stati i principali architetti di questa terra, ritagliando strati uniformi di roccia sedentaria in centinaia di canyon, Mesa, butte, Archi e guglie. Al centro ci sono due canyon intagliati dai fiumi "Green" e "Colorado". Intorno a questi si estendono tre vaste aree molto diverse tra loro: Island in The Sky a nord; Maze a ovest; Needles a est. Sono aree diverse ma che condividono l'aspetto selvaggio del West America. Questo perché pochi furono gli audaci che vi accendevano: ovviamente i indiani, gli intrepidi cowboys, gli impavidi esploratori e i cercatori di uranio. Il parco è stato fondato nel 1964 e molto di esso è ancora inesplorato. Molte delle sue strade non sono ancora lastricate ed i suoi sentieri sono tutt'ora molto selvaggi. Lasciata la strada 191 entriamo nella 211, quella che porta al Visitor Center a 56 km di distanza dove chiadiamo come muoverci in questa ampia e selvaggia zona. Mappe e informazioni alla mano iniziamo iniziamo l'esplorazione. Capiamo subito il perché del nome Needles, aghi. Questi non sono proprio aghi ma pinnacoli di roccia rossi e bianchi. I movimenti tellurici hanno fratturato la roccia e l'acqua e il vento con la loro forza di erosione, ha completato l'opera. Arrivati al parcheggio di Elephant Hill, come suggerito dai rangers, iniziamo un trekking denominato "Chesler Park Viewpoint". È ritenuto di media difficoltà e si sviluppa in un bastone di 5 km che diverranno 10 al rientro, tra andata e ritorno. Effettivamente è un trekking abbastanza impegnativo e il caldo si fa sentire ma gli scenari sono impagabili. La cosa che salta subito all'occhio è la tracciatura del sentiero; non esistono le segnalazioni con vernice che da noi spopolano, solo omini di pietra (noti ai trekkers) che vengono rispettati e non buttati giù, da tutti coloro che vi passano. Lungo il sentiero attraversiamo paesaggi mozzafiato, non solo per la vastità ma anche per la struttura; canyon strettissimi, con distanza di un metro tra roccia e roccia, pinnacoli altissimi dalle forme più disparte, maestose formazioni a forma di fungo (chiamate appunto mushrooms) ci lasciano senza parole. Dopo 5 km di meraviglia ed estenuanti saliscendi, raggiungiamo la nostra meta, una formazione rocciosa........ di cui godiamo del panorama attorno. Rifocilliati con un buon panino, acqua, che mai manchi, si prende la via di rientro. Arrivati al parcheggio dopo circa 4 ore, ormai è pomeriggio inoltrato. È ora di proseguire il nostro percorso fino a Moab, la cittadina più vicina, dove sosteremo. Riprendiamo la 211. Lungo il percorso, una sosta alle pitture rupestri degli antenati degli indiani Pueblo, gli stessi che popolarono Mesa Verde. Lasciamo la 211 per riprendere la 191. Sosta obbligatoria al famoso Wilson Arche, un arco naturale che si staglia alla nostra dx, lungo strada. Foto di rito e via per Moab dove ci attende una bella sorpresa. Abbiamo prenotato un miniappartamento per tre giorni, quelli che, secondo noi, sono il minimo necessario per visitare questa zona. Stanchi, accaldati e desiderosi di una bella doccia rilassante, arriviamo all'appartamento. Non c'è alcun ufficio ricezione né nessuna informazione su come entrare. Probabilmente è come la casa che avevamo a Burbank, dovremmo avere una email in cui ci spiegano le procedure d'ingresso alla casa, infatti sulla porta c'è una tastiera numerica che è la chiave d'accesso, con una password nella email indicata. Il problema più grande che abbiamo in tutto questo percorso fra i parchi è la connessione. Nonostante abbiamo acquistato una sim card della TMobile (per carità di Dio) pensando di avere facile connettività, ci accorgiamo da subito che la copertura offerta in questi stati è pari a 0. Fortunatamente ci permette almeno le telefonate ma a noi servono ben poco. Quindi, arrivati qui, nel parcheggio dell'appartamento, non abbiamo alcuna connessione. Andiamo alla ricerca di zone coperte da segnale ma non troviamo niente. Siamo preoccupati. Ci viene in mente il vecchio e caro McDonald's. Corriamo qui; due caffè e finalmente, dopo vari tentativi ci connettiamo. Nelle email ce n'è una di Agoda, il motore di ricerca che oltre Booking.com usiamo per le prenotazioni. L'amara sorpresa. Ci riferiscono che l'appartamento non è disponibile perché il pagamento da noi effettuato con carta Visa (sempre usata senza problemi) non è stato processato. Siamo quasi disperati. Cerchiamo di contattare Agoda senza risultato. È venerdì e, per esperienza, sappiamo che, nei pressi dei parchi, è impossibile trovare alloggio. Sono le 19.00 e siamo agli sgoccioli. Iniziamo le ricerche per qualche struttura ricettiva. Picche; tutto Full, pieno, campeggi compresi. Rimango solo alcune suite di alberghi costosi, dai 300 dollari in su. Vaghiamo disperati fino alle 21.00. Altre città vicine non c'è ne sono. Inizia a fare buio. Nella disperazione andiamo in un un ultimo camping, a circa 5 km dalla città; è l'ultima spiaggia. Si chiama Sand Flat Recreation Zone e ci sono piazzole libere, siamo salvi... anche dalla galera perché non è consentito dormire in macchina in luoghi pubblici, cosa che avremmo dovuto fare. Rincuorati dalla fortuna nella sfiga, ci laviamo un pochino con l'acqua delle taniche che abbiamo sempre con noi e, dopo aver mangiato qualcosa delle nostre scorte viveri, ci collassiamo nella nostra macchina/tenda. Anche oggi è andata.
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