"quando avremo ottanta anni, avremo probabilmente imparato tutto dalla vita .
Il problema sarà ricordarlo"

12 DICEMBRE 2018 - 08 AGOSTO 2019

CE L'ABBIAMO FATTA!!!


Finiamo qui il nostro lungo viaggiare, di ben otto mesi, fatto di viaggi nel viaggio. Finisce qui la realizzazione di un sogno nel cassetto. Quanto spesso ci siamo detti "Ah, se potessimo, prenderemmo lo zaino in spalla e via, senza mete, senza tempo, per il mondo" Beh, l'abbiamo fatto.
Quanto spesso i comuni mortali se lo ripetono, quanti spesso non potranno farlo mai purtroppo, per motivi tangibili e concreti ma anche per poca capacità di adattamento o, forse, poca curiosità nei confronti del mondo; spesso tra il dire e il fare.... Beh, noi tra il dire e il fare, l'abbiamo fatto! Le mete erano le uniche certezze, i tempi, scanditi soltanto dalla durata del visto dei paesi ospiti, tutto il resto gestito dalle circostanze fortuite. Un magone ci assale nel pensare a quanto sia veloce e fugace il tempo; otto mesi, volati via come il battito d'ali di una farfalla. Otto mesi intensissimi durante il loro evolversi, a volte anche duri ma ora solo un bellissimo ricordo. La memoria però non ci aiuta; certe cose che abbiamo fatto soltanto 5, 6, 7, 8 mesi fa sembrano così lontane e ci rimangono ovviamente impresse soltanto le ultime esperienze. Il nostro diario ci supporterà in questo, manterrà vivi i ricordi e ci accompagnerà per sempre con le nostre memorie scritte. Probabilmente in questo momento non ricordiamo il nome di quel tempio o di quella spiaggia, ma rimangono sicuramente impresse le persone, il modo di ricevere un estraneo, il rispetto, l'ospitalità o la chiusura di alcuni. Ora si torna a casa, con la consapevolezza, più marcata di prima, di quanto sia interessante viaggiare e accomunarsi e condividere modi e culture di altri paesi. Si torna a casa, il luogo simbolico che rappresenta un rifugio, il nido protetto in cui abbassare le proprie difese, essere se stessi; in cui si sa esattamente come muoversi; in cui si parla la stessa lingua; in cui ci si capisce reciprocamente perché quelle sono le nostre origini, la narrazione della nostra storia, quella che deve essere sempre presente a noi stessi. Si torna a casa ma..."la casa dov'è? La casa è dove poter stare in pace", cantava Jovanotti nel brano dal testo meraviglioso, l'importante è star bene insieme e in pace e in armonia con tutto ciò che ci circonda. Siamo felici di tornare in una bella terra, il nostro nido, una delle più belle al mondo. Abbiamo capito però che dal nido bisogna essere pronti a volare via, per poi tornare sempre e non dimenticare mai, ma  volare via spesso, se si può, per essere più consapevoli di ciò che ci circonda e di ciò che siamo. Ecco perché per noi la casa ora è il mondo. Porteremo sempre con noi la nostra terra; è nel nostro DNA, nei nostri geni, nel cuore, ma il mondo è davvero immenso e ci ridimensiona, ci "rimpicciolisce", perché alla fine non siamo niente; siamo un granellino, spesso malconcio; siamo una minuscola parte di questa "grande casa". Con l'augurio che ognuno di voi possa, un giorno, capire questo piccolo banale messaggio e possa aprire la finestra, vi ringraziamo per averci seguito, chi più chi niente. Mantenere alta la curiosità per le cose che ci circondano è il motore della vita; noi, di nostro e nel nostro piccolo, cerchiamo di mantenerla sempre viva nei confronti del mondo; mondo, grande casa, che speriamo di ritrovare presto, molto presto.

THAT'S ALL FOLKS!

THAT'S AMERICA!

States,
"E pluribus, unum"  (da tutti, uno); "Out of many, One". È proprio così, questi sono gli Stati Uniti, 50 Stati completamente diversi gli uni dagli altri ma uniti, unititissimi sotto la stessa bandiera. Questa è la cosa che più ricorderemo, il fare nazione, l'essere assolutamente campanilisti, la bandiera in ogni luogo, dal privato al pubblico, sempre. Può essere un difetto per molti ma sinceramente noi crediamo di no.
Nei 3 mesi di permanenza abbiamo avuto l'opportunità di toccare con mano questa realtà, in tanti luoghi visitati su entrambe le coste, molto diverse tra loro, per ospitalità, generosità d'animo e paesaggi. La parte della West Coast è quella che sicuramente ci ha lasciato un ricordo più significativo con le sue meraviglie naturalistiche e con le belle città sul mare, sull'Oceano. I colori del cielo così come la terra rossa desertica rimarranno indelebili nella nostra memoria e nel nostro cuore. Lì c'è l'America del West, dei cowboys, dei coraggiosi e di coloro che si sporcano di terra senza problemi. Lì secondo noi c'è tanto cuore americano, quello ancora molto genuino. La East Coast con le sue megalopoli, col suo traffico, il via vai di gente impettita e "di citta" col caffè sempre in mano, è più vicina al nostro mondo, quello stressato. Tra tutti questi si mescola poi una marea di
umanità indescrivibile, da film, da vedere per credere. Insomma tanto grande tutto, tanto grande America, così interessante, così contraddittoria, così piena di sorprese, così tanto rispettosa di leggi e regole da farci sentire davvero "diversi. Così unita e così fiera, ma con così tantissimi difetti, è lei, That's America! È come quando vedemmo il leone nella savana africana, a pochi passi da noi; capimmo perché lo chiamano "Il Re Della Foresta".
Finiamo qui a Philadelphia i nostri 34 giorni tra alcune delle grandi città americane dell'est.  Probabilmente aver chiuso i nostri mesi di viaggio con le grandi città, per
quanto interessante, per noi è stato troppo "turistico". La scoperta di qualsiasi cosa nel mondo è fondamentale per il proprio bagaglio culturale e la propria consapevolezza ma questa parte di viaggio, così monotematica, ci ha un po sfiancati, stancati. Tutto nuovo, tutto interessante ma l'occidente ci accomuna, le differenze alla fine non sono abissali e quindi , dopo un po, ci si stanca delle cose molto vicine alla propria cultura, così poco sorprendenti.
Abbiamo percorso poco meno di 4.500 km, per  45 ore di guida. Escludendo le 3 grandi belle città della West  Coast, Los Angeles, San Francisco e San Diego, qui, nell'Est Coast abbiamo  visitato 8 grandi città: New York, Boston, Buffalo, Chicago, St. Louis, Nasvhille, Washington e Philadelphia; abbiamo toccato 3 cittadine "minori": Utica, Sandusky e Wytheville. Siamo passati tra ben 9 Stati, cambiando spesso l'orario di una o più ore avanti o indietro: New York, Massachusetts, Ohio, Illinois, Missouri, Tennessee, Virginia, Washington D.C., Pennsylvania. Insomma una bella avventura. Quindi ora goodbye Big America, ci sei piaciuta, soprattutto nel tuo versante occidentale, tra parchi meravigliosi e gente simpatica e rispettosa; là, dove ci rivedremo spesso perché c'è una parte di noi che ci aspetta sempre lì, a Los Angeles e, per quanto riguarda qui, goodbye Philadelphia chissà se ci rivedremo, intanto ti auguriamo di vedere tempi migliori.

dal 3 al 6 Agosto 2019, Philadephia.

Partiti da Washington andiamo alla volta di Philadephia, circa 350 km per quattro orette di viaggio.
Philly, così affettuosamente chiamata dagli americani è la sesta città più popolosa degli States con poco più di 1.580.000 abitanti. È la più grande città della Pennsylvania di cui però non è la capitale; la capitale è Harrisburg.
Appena arrivati, di pomeriggio, facciamo un giro nei dintorni. Il nostro hotel Days Inn by Wyndham (già conosciuto) è molto centrale. A due passi dal bellissimo municipio e dal Reading Terminal Market. Dista circa un km da tutte le migliori attrazioni, che sono disposte nella Old town. Di fianco al nostro albergo c'è un centro di accoglienza per senzatetto, il St.John's Hospice, tutt'intorno una marea di homeless, barboni. Philadelphia potrebbe essere una bella città, monumenti importanti, grandi
musei e bei quartieri non mancano. È stato uno dei centri più importanti della Rivoluzione americana e proprio quì, il 4 luglio 1776, fu stilata la Dichiarazione D'Indipendenza degli Stati Uniti nonché la Costituzione, che furono firmate nella Indipendence Hall, bell'edificio visitabile gratuitamente ma solo guidati da un Ranger; fa parte infatti dei parchi storici degli States. Di fronte ad esso si trovano il National  Costituiton Center   (costo ingresso 14.50 dollari) e la campana che qualcuno
dice suonò alla lettura della dichiarazione d'indipendenza ma non vi sono le prove di questo, la Indipendence Bell . Abbiamo visitato tutto quello che si poteva, a piedi, tra le tante strade, più o meno interessanti che vi sono. Un accenno particolare alla Ellfreth's Alley, una stradina storica, che abbiamo trovato una delle più caratteristiche e belle cose da vedere. Non abbiamo invece osato visitare l'interno dei musei perché, sinceramente, non ne possiamo più. La cultura e la storia ci interessano ma abbiamo dato abbastanza in questo mese tra i musei delle grandi città visitate.
Abbiamo preferito toccare e immortalare un po tutto dall'esterno. Abbiamo fatto la scalinata di Rocky che porta al più famoso Philadephia Museum of Arts. Abbiamo visitato anche un paio di chiese, soprattutto l' ultima, quella intitolata ai SS. Pietro e Paolo, omonima per metà della nostra dirimpettaia di casa (San Pietro), che abbiamo  salutato il 12 Dicembre 2018 con la speranza di rivederla. Insomma, non ci siamo fatti mancare niente e  possiamo affermare che dal punto di vista storico e culturale è una città importantissima per gli americani e che riprende alcuni aspetti da noi già visti a Washington e a Boston per architettura e  storia, appunto.
Strano caso il nostro; senza volerlo abbiamo iniziato con i festeggiamenti del 4 luglio a New York e finiamo il nostro tour turistico delle città proprio con quella in cui il 4 luglio fu firmata e letta la Dichiarazione D'Indipendenza. Chiudiamo il cerchio così, in una città che nei video viene "ripulita"; nei racconti dei presunti blogger (presunti lo diciamo con convinzione!!!) viene descritta nei suoi particolari storici: cosa vedere; cosa mangiare (il loro "piatto" tipico è un panino con carne); da non perdere ecc., ma nessuno vi dirà mai o vi farà vedere cosa è veramente questa metropoli: un disastro umano. Oltre a quanto scritto sopra, che non toglie importanza e fascino a Philly, nessuno ha mai evidenziato con forza il degrado in cui è immersa, questo è! Chi viene qui deve essere consapevole della reale situazione. Oltre allo sporco, perché è abbastanza sporca, piena di cicche e qualche rifiuto, tra i marcepiaedi e le strade ci sono senzatetto dappertutto; in ogni angolo, vicino ai grandi monumenti, nelle piazze, sulle panchine, nelle strade, sono loro i padroni della città. L'odore di urina vi
accompagnerà in tanti luoghi e non troverete la polizia quasi mai. Pochi i controlli e quelli che passano sono sicuramente così disarmati da non poter fare niente. Sembra un enorme ghetto, tra i bei palazzi, qualche grattacielo, arte e tanta storia, ci sono loro. Non avevamo mai visto una percentuale di homeless così alta in nessun luogo visitato. A dire il vero, come saprà chi ci ha seguiti nei primi mesi del blog, in Indocina, così come nelle isole Fiji non esistono i "barboni". I meno abbienti hanno un riparo e una dignità che traspare dalla loro "povertà". Hanno poco e si accontentano; non sono accattoni né mendicanti e tanto meno sporchi luridi e matti. E sì, perché qui non sono solo senzatetto, sono tutti, TUTTI, malati di mente, ovviamente è palese (non c'è bisogno di essere psicologi). Nelle città visitate, come Los Angeles o New Yorka
abbiamo visto altri senzatetto (non così tanti e così sparsi) che nella maggior parte dei casi manifestavano i loro disturbi psichici e di conseguenza, senza la minima possibilità di una collocazione sociale. Il problema è proprio questo. Purtroppo crediamo non esistano strutture che possano accogliere e dare una qualità di vita dignitosa a persone malate di mente e senza niente. I centri di accoglienza, come quello vicino a noi, offre assistenza temporanea, accoglienza e pasti, ma sempre temporanea. È una piaga ben visibile e tangibile per l'intera comunità che, malgrado tutto, li "sopporta", li tollera apparentemente senza alcun fastidio; la bella Philly è anche questo. Le nostre cene sono state distribuite  tra la pizzona del 7Eleven accompagnata dalle
ultime birre che avevamo con noi, immerse in bacinelle di ghiaccio (in ogni hotel americano che si rispetti c'è il distributore del ghiaccio), al Chilli's, un locale molto American style; la terza sera abbiamo provato un localino estremamamente patriottico, con bandiere americane e coccarde blu, bianco, rosso, tra tavoli in legno e birre buonissime, tra hamburger e insalatona, un pub molto americano, dove con 30 dollari ci siamo ben sfamati, mentre fuori diluviava, il McGillin's Old Ale House. Finita la pioggia e finite le birre, rientriamo. L'ultimo giorno siamo stati a spasso così, senza meta. A pranzo ci siamo tuffati nel famoso Reading Terminal Market, dove tra centinaia di boxes abbiamo scelto il  "Hershel's East Side Dali" dove abbiamo mangiato la loro specialità , una variante del classico Cheesesteak, con tanto pastrami (la carne con una lunga macerazione già mangiata a New York, vedasi pagina blog) da stare male. Veramente eccellente. Rintantati in camera iniziamo il conto alla rovescia, domani si parte e questa volta si rientra in Italia, dopo ben 8 mesi. La sera non avendo alcuna voglia di cenare ma solo di festeggiare la vita che ci ha dato questa opportunità; torniamo da McGillin's, il bel pub di ieri, dove si respira l'aria americana di chi sta a chiacchierare e ridere tra un boccale di birra e l'altro, in un locale caldo accogliente e strapieno di gente festosa. Thanks America, see you again. Grazie mondo sei meraviglioso.

2 Agosto 2019, Washington (Georgetown).

Ultima giornata in questa bella città. Dedichiamo la mattinata al quartiere chiamato Georgetown che dista pochi km dal nostro hotel. Ci incamminiamo dopo aver fatto colazione 7eleven, sempre conveniente e buona. Per arrivare in questo meraviglioso quartiere a 3 km dalla Capitol hill, attraversiamo uno dei ponti, il "Lauzun's Legion".
Già si nota la diffrenza. Georgetown è la zona residenziale della città; viali alberati  la abbelliscono. Locali e ristoranti specializzati nel seafood e cucine etniche si contendono gli spazi dell'arteria principale. Poco traffico e nessun semaforo a regolarizzare le auto che, sempre correttamente, danno precedenza e seguono le giuste regole di comportamento. È un bijou; le stradine interne, lastricate con mattoncini rossi, sono lo spazio prediletto di bellissime "casette", abitazioni con tetti spioventi e spesso con finestre all'inglese. Niente di quello che spesso crediamo degli americani, lo sfarzo ostentato. Niente di pomposo e niente di rozzo anzi.
Qui lo stile e la sobria eleganza la fanno da padrona. Ogni villino ha il suo piccolo ma curatissimo giardino; spesso le porte sono affiancate da lampioncini e spesso in essi arde una fiammella. Le casette stilose con le facciate di mattoncini rossi si alternano a quelle con intonaci di colori sobri e luminosi, spesso bianchi o grigio chiaro, accompagnati e ben abbinati a quelli degli infissi; finestre con le imposte di legno colorato che ben si abbinano al contesto. L'atmosfera che regna è quella del benessere non ostentato e rilassante. Passeggiare qui equivale ad una pausa relax in cui ti rigenerei e ti sembra di stare da tutt'altra parte invece che in una delle città più importanti  del mondo.
Tra le tante piccole grandi cose da vedere vi sono giardini, case storiche e il "Dumbarton Oaks Museum". È un edificio residenziale di stile coloniale che fu residenza, tra gli altri, dei coniugi Bliss. Ospita collezioni di arte bizantina e precolombiana, nonché opere d'arte e arredi europeo. [Mildred e Robert Woods Bliss iniziarono queste collezioni nella prima metà del XX secolo e fornirono la visione per acquisizioni future anche dopo aver consegnato Dumbarton Oaks alla Harvard University nel '40. L'istituto di ricerca che è emerso da questo lascito è dedicato a sostenere la borsa di studio nei
campi degli studi bizantini e precolombiani , nonché la progettazione di giardini e l'architettura del paesaggio, in particolare attraverso borse di studio sulla ricerca, incontri, mostre e pubblicazioni[... ].
"La missione di Dumbarton Oaks è di sostenere e promuovere la borsa di studio in tre aree di studio: bizantina, precolombiana e architettura del giardino e del paesaggio. Attraverso un programma di borse di studio, l'istituto invita studiosi di tutto il mondo per un anno accademico o un'estate a proseguire la ricerca individuale. Un programma di sovvenzioni supporta anche la ricerca archeologica, l'analisi dei materiali e le indagini fotografiche su oggetti e monumenti. Inoltre, ogni programma di studi sponsorizza conferenze pubbliche, simposi e colloqui, nonché pubblicazioni accademiche tra cui riviste annuali, atti di simposio e monografie occasionali".
Insomma si da tanta importanza alla cultura umanistica degli albori. Il motivo della scelta di queste epoche è che agli inizi del XX° secolo furono più facili e assidui i contatti tra gli Stati Uniti e il resto del mondo e la passione dei coniugi Bliss  per l'impero romano d'oriente e per le popolazioni precolombiane erano il modo per conoscere meglio l'interpretazione "mediterranea" e quella sud americana delle discipline umanistiche a cui davano la massima importanza per lo sviluppo delle future generazioni. Il museo, che non è grandissimo, si sviluppa su un piano solo, è uno dei più ordinati, fruibili, eleganti musei visti finora.
L'esposizione nelle sale è estremamente comprensibile dal punto di vista cronologico. Si tratta degli stessi periodi visti da aree del mondo diverse. Bisanzio e la sua grande espansione  che contemporaneamente vede svilupparsi, dall'altra parte del mondo, le civiltà precolombiane. È veramente un gioilello di rarità ben custodite e ben esposte, "ovviamente" l'ingresso è gratuito. Finito di rifarci gli occhi e un pochino il cervello di, se non nuove, ulteriori conoscenze, si va via da questa bellezza di quartiere. Attraversiamo un altro ponte con tanto di sculture bisontiche 🐃, il "Dumbarton". Di passaggio mangiamo una buona insalatona dal nostro Subway, che è sempre presente nel momento del bisogno😂😂, e si torna in hotel, il caldo, oltre 33 gradi, inizia a farsi sentire. Dopo qualche ora usciamo per mangiare qualcosa prima di concludere queste quattro giornate ricche di nuove scoperte.
Che dire di questa bella città. Non è la più bella ma sicuramente una delle migliori viste degli States, per noi. Dal punto di vista archittettonico ha "rubato" tanto al neo classicismo, ma chi non l'ha fatto? poi, ricreare qualcosa di bello è un modo per omaggiarlo e loro ci sono riusciti. Palazzi e arredi urbani curati non mancano.
Zone verdi tante, anche la pulizia, oltre la polizia sono ben visibili. È una bella città, nonostante sia un pochino senz'anima, ma questo è un problema relativo a chi vi abita. Un po come tutte le grandi città "laboriose", dove tutti, come automi, vagano tra i marciapiedi col caffè in mano, diretti in ufficio. Potrebbe richiamare la nostra Milano ma è sicuramente più accogliente, meno stressata, meno sporca e meno grigia. Inoltre, per concludere, in poche grandi città, soprattutto le nostre, è tutto così fruibile gratuitamente e con facilità come qui. That's America.

1 Agosto 2019. Washington DC.

Oggi, caldo permettendo, usciamo e cerchiamo di raggiungere le mete prefissate: il National Geographic exposition e il National Air and Space Museum. Il primo non è altro che la sede della Netional G. rivista meravigliosa alla quale siamo stati spesso abbonati. Si trova vicino all'hotel e l'accesso è libero. Apre alle 10 e chiude alle 18.00.
La mostra di quanto è stato ed è ancora questa rivista è esposta in modo impeccabile. Nata nel 1888 proprio qui, a Washington. Una trentina di luminari di scienze, leggi, ricerca, esplorazione si riunirono e decisero di fondare una rivista che esponesse le scoperte dell'epoca. Da qui nasce questa meraviglia di connubio tra scienza, intesa come sapienza, conoscenza e pubblico. Tanti i loro contributi per le scoperte future, tante le loro pubblicazioni così attinenti ai fatti, così vere da essere uniche al mondo. Il "museo" si trova adiacente agli uffici amministrativi e illustra con immagini e video quanto sopra detto. Usciti da qui andiamo nuovamente verso la casa bianca e la zona di Capitol Hill per girare nei suoi dintorni.
I grandi monumenti e i musei si sprecano: il museo dei ritratti, quello dei nativi americani di quest'area, il museo delle arti (la National Gallery of Art) che contiene di tutto e di più da Tiziano a Giotto e via andando; il museo storico ameicano, quello delle scienze naturalistiche ecc. Insomma a Washington non ci si può annoiare neanche stando una settimana. Intorno a questi ci sono oltre la Casa Bianca e il Campidoglio, l'obelisco monumento a George Washington e di fronte ad essi a circa un km, dopo un viale alberato magnifico, fontane e monumenti ai caduti, un tempio
di stile greco dorico dedicato alla figura di Lincoln, la statua enorme del quale sovrasta l'unico corridoio centrale interno. Bellissima davvero questa enorme area di diversi ettari in cui il cuore degli States viene rappresentata. Entriamo anche a vedere un memorial ai caduti della guerra in Krimea, una sorta di "cimitero vivente"; la ricostruzione di un momento di guerra, quella di Krimea, con soldati di bronzo a grandezza naturale in mezzo alla radura, ai cespugli, struggente e realistico. Finiamo così questa parte della Old Town per andare a vedere qualcosa di nuovo.
Abbiamo volutamente deciso di non visitare i musei "classici" ma scegliamo la novità: il museo aerospaziale, Air and Space. L'ingresso, controllato da polizia che ti fa accedere solo dopo un check in, tipo aeroporto, è gratutito. Prima ci facciamo due Hot Dog per strada, quello delle bancarelle per intenderci. Siamo pronti, entriamo. Consta di due piani strapieni di tanta roba. Piccoli aerei appesi di qua e di là; si va dai missili e la loro composizione alle navicelle spaziali. Dai prototipi di aerei alla loro realizzazione grazie ai fratelli Writhe, che con la loro preparazione e tenacia riuscirono a far volare il primo aeroplano, il primo nella storia. Dalla storia dell'allunaggio ai giorni nostri; dalle imbarcazioni ai grandi navigatori; dagli esploratori di spazi, tra terra e cielo al sogno di viaggiare nello spazio. Molto interessante, da vedere assolutamente. Vi sono film in 3D, proiezioni in zona planetarium, giochi interattivi e tanto altro.
Sono le 16.30 e da stamattina siamo in giro tra storia e cultura aerospaziale; il caldo è pazzesco, sembra di stare dentro un forno. Ci fermiamo al McDonald per un Mc Frappè very good, fresco e buono, come le cose meno salutistiche del mondo. Continuiamo passando tra strade affollate di turisti e impiegati di rientro dall'ufficio. Arriviamo in hotel fradici e stanchissimi, la doccia ci attende. Una pizza e birre freschissime, le Modelo messicane, ci attendono, merito di 7eleven. Buonanotte.

30 Luglio 2019. Trasferimento Wytheville - Washington DC.

Si va a Washington. Partiamo alle 9.20 e dopo 470 km siamo a destinazione.
Sono le 15.00 quando raggiungiamo il nostro hotel: Beacon hotel, abbastanza centrale. Il parcheggio interno costa 49 dollari più tasse, quindi poco meno di 60 dollari al giorno. Con la nostra app ne cerchiamo uno più economico e lo troviamo a circa 800 metri di distanza, costo totale per i 4 giorni di permanenza 71 dollari ovvero 17, 70 dollari al giorno.... direi che va proprio meglio. La condizione è di non poter usare l'auto, nel senso che si parcheggia e si lascia lì fino a quando si va via se no, se si volesse rientrare, si deve pagare nuovamente. Nessun problema perché non è possibile muoversi in auto in una città come questa. Fatto quindi il check in, portati i bagagli in camera (carina, confortevole e pulita nonostante la moquette, con vista sulla città) e portata la macchina al parcheggio, ci rintaniamo un pochino in camera per un po.
Nel tragitto a piedi dal parcheggio all'hotel abbiamo visitato la basilica di San Matteo che era di passaggio, sede del vescovo di Washington e principale luogo di culto cristiano in città, veramente bella. C'è caldissimo e la gente,  abbastanza elegantemente sobria, cammina avanti indietro tra strade e marciapiedi. Uomini cravattati con camicia a maniche lunghe si muovono con disinvoltura sotto il sole bollente. Donne con tubino e scarpe rigorosamente chiuse e con tacco, tranne qualche eccezione, cercano di non far trapelare il dolore ai piedi, camminando piano e sforzandosi di sorridere.
Usciti dall'hotel dopo un'oretta, ci dirigiamo verso la casa bianca. La White House è in restauro, come spesso accade anche alla first Lady. Stanno rifacendo l'inferriata della facciata principale che sta sulla Pennsylvania Avenue 1600, l'indirizzo più famoso del mondo. È impossibile quindi vedere tutto l'insieme perché molto è nascosto dai pannelli protettivi. Polizia e servizi segreti dovunque. Sentiamo e assistiamo anche all'uscita in trasferta di qualcuno di molto importante, forse il presidente o giù di lì: sirene spiegate di motociclette della polizia che anticipano la scorta di auto blindate; l'auto con le bandierine su cui c'è Quel Qualcuno; dietro, altre macchine di scorta e altre moto di scorta a sirene spiegate, insomma una processione.
Gironzoliamo nei pressi della casa bianca e dei grandi edifici importanti come il palazzo delle finanze e quello del tesoro e tanti edifici amministrativi. Ci sembra una città molto "burocratica, lo è sicuramente visto che si concentrano qui tutti gli uffici amministrativi più importanti degli Stati Uniti, quelli governativi e di sicurezza, c'è la sede operativa centrale della federa Bureau Investigation, F.B.I. L'architettura degli edifici richiama spesso l'arte classica con i palazzi in stile neo classico sempre imponenti. È abbastanza pulita ma non del tutto; rifiuti che trasbordano dai contenitori non le rendono giustizia, ma le concediamo il beneficio del dubbio considerando che è sera. Mangiamo due """pizze""" in un localino vicino all'hotel e poi si rientra, siamo abbastanza stanchi. Per oggi può bastare.

29 Luglio 2019, trasferta Nasvhille-Wytheville (Virginia).

Oggi solo auto. Si parte dalla pazza musicale Nasvhille, nel Tennessee, alla volta della Virginia ed esattamente in una cittadina chiamata Wytheville.
Questa è soltanto una tappa intermedia per raggiungere domani, 30 Luglio, la prossima meta: Washington D.C. la capitale degli Stati Uniti. La distanza totale che ci distanza è di circa 900 km che quindi ci vedono fare tappa a Wytheville a quasi 600 km da Nasvhille. Partiti alle 9.30 arriviamo in hotel (un Travelodge By Wyndham, già provato), alle 16.30, comprensive le tappe intermedie per caffè e pranzo (nel mitico e onnipresente Subway); costo totale carburante 18 dollari. L'albergo è molto carino, posto su una collinetta, con camera ampia e confortevole, bagnetto più che sufficiente, pulitissimo e con la colazione gratuita compresa nei 50 dollari della camera. Ottima scelta. Ci rilassiamo e sistemiamo diverse cosucce compreso l'organizzazione della nostra prossima tappa.
La sera usciamo a comprare qualcosa da mangiare che consumeremo in camera dopo una mega doccia. Questa piccola cittadina, di poco meno di 8.000 abitanti, è un gioellino, un bijou di casette da favola, circondate da giardino curatissimo e fiorellini colorati. Viali curati e ampi spazi verdi di erba appena tosata. Non c'è un pezzetto di carta i terra, sembra un paesino finto. È una meraviglia. Ci sono tanti piccoli hotel, tanti localini e un'area di market e attività commerciali utilissimi, tra cui il mio adorato Walmart (catena di supermercati distribuiti in tutti gli States in cui si trova ogni cosa esista sulla terra) che ci ha supportati anche oggi.

28 Luglio 2019, Nasvhille.

Questa mattina, dopo una sveglia tarda e una buona colazione in hotel, ci imbattiamo nella cultura country. Vogliamo toccare con mano questa realtà così radicata in questi paesi, soprattutto qui tra Nasvhille e Memphis, città dove Elvis finì i suoi giorni (non la vedremo per scelte e motivi diversi). Andiamo a vedere il Country Music Hall of Fame and Museum.
È un'istituzione più che un museo; è un'esperienza più che un museo; è un viaggio nel tempo e nella musica americana più che un museo; è il cuore della musica che ha dato l'impronta al rock di Elvis Presley e a tutti coloro che hanno seguito le sue orme. L'ingresso, dalle 9 del mattino alle 17 del pomeriggio, per 25 dollari a testa, offre spesso, come oggi, la possibilità di assistere a spettacoli musicali dal vivo. Oggi si esibiva Bella Speelman che dalle 12.00 alle 13.00 suonava le sue due bellissime chitarre a suon di country. È una giovane artista molto nota qui, ma ha lo svantaggio
di non avere mordente.  Insomma, non riesce sicuramente a tenere il palco nonostante la bravura, diciamo che "brilla di luce spenta". Usciamo dall'auditorium delle esibizioni e iniziamo la visita al museo. Tanta gente appassionata e conoscitrice del genere ci accompagna in questo "viaggio" indietro nel tempo. Tanta musica di sottofondo; ci sono diversi schermi che proiettano registrazioni di video musicali di 60 e più anni fa; Elvis e la sua Cadillac Gold, super sofisticata, esposta qui; strumenti, soprattutto chitarre, dalle più blasonate Gibson, Fender e le bellissime Gretsch, alle più strane Castom.
Costumi di scena dei migliori e pluripremiati artisti; i loro dischi di platino; tantissimi particolari sconosciuti sui più grandi artisti americani dei primi del '900 a quelli più vicini a noi. Oggi ci sono ancora tantissimi grandi artisti country apprezzatissimi dal pubblico, alcuni anche molti giovani. Un esempio per tutti Kacey Musgraves, che a soli 31 anni è già sei volte vincitrice ai Grammy Award, riconosciuta con l'Innovator Award e deterrente di tre Academy Of Country Music Award ecc, ecc, e noi non la conosciamo nemmeno. Così come  la 29enne Taylor Swift (una Britney Spears piu' intelligente) che oltre a fare musica commerciale/pop, ormai amatissima dal giovane
pubblico del mondo, è stata una country singer  e qui infatti si trovano alcune delle sue donazioni per allestire una sala in onore alle sue origini country, si tratta per lo più di abiti di scena. Insomma un viaggio in epoche e stili musicali a noi poco noti ma qui osannati. Usciamo dopo più di due ore da questo meraviglioso mondo per andare via, il parcheggio ci chiama, nel vero senso della parola (quando si fa il biglietto nell'apposito macchinario, spesso si deve inserire il  proprio numero di telefono affinché, circa dieci minuti prima, si possa essere avvisati dell'imminente scadenza).  Rientriamo in hotel. La sera torniamo in città per cenare. Scegliamo un bel locale visto di passaggio stamattina, l'Ole Smoky & Yee-Haw, una bellissima distilleria, birreria e pub dove c'è sempre musica live. Finiamo qui le due pienissima giornate a Nasvhille, una grande sorpresa perché, se anche l'abbiamo scelta con la consapevolezza fosse una meta ambita per gli amanti della musica, come noi, non ci aspettavamo tanto; bellissima esperienza, bellissimo viaggio nel viaggio.

26, 27 Luglio 2019. St. Louis - Nashville.

Partiti dalla bellissima St. Louis il 26 mattina alle 9.30 circa, ci aspettano quasi 500 km per arrivare a Nashville, nel Tennesse. Arriviamo dopo circa 5 ore comprese le due
tappe per la colazione ed il pranzo, in questo caso ci hanno soccorso McDonald e Subway. Nashville è la capitale del Tennesse ma è anche definita la "Città Della Musica": lo è veramente!. La sera del primo giorno ci vede abbastanza stanchi e siccome il nostro bellissimo alloggio si trova distante qualche km dalla città, non ci muoviamo più e stiamo in hotel. Questi fa parte della catena Best Western e si chiama Glo' Best Western. Si trova a pochi km dall'aeroporto e a circa 8 km dal centro di Nasvhille. Ineccepibile in tutti i sensi, forse il miglior albergo visto finora, senza parlare del fatto che la super colazione continentale è compresa nel prezzo così come il parcheggio e poi....non c'è la moquette. Il rapporto qualità prezzo è invidiabile. Dopo una notte serena ci svegliamo con la voglia di vedere questa pazza città. Dopo colazione ci tuffiamo al centro. Cercare parcheggio è sempre l'impresa più ardua ma abbiamo una app che rileva e indica i parcheggi pubblici e i loro costi. Non si trova un granché di economico, di solito si spazia dai 15 ai 25 dollari per minimo due ore.
Fortunatamente, grazie alla app, ne troviamo uno che con 9 dollari ci permette di stare 4 ore. Iniziamo con il gironzolare per le attrazioni storiche: il War Memorial Auditorium, dove predomina una bella statua bronzea che rappresenta la libertà; Capitol Hill monumento storico nazionale sulla più alta collina della città dove si trovano diversi altri monumenti tra cui una statua equestre del presidente Andrew Jackson; Il James K. Polk Theatre, teatro sempre attivo che attira milioni di visitatori ogni anno grazie ai suoi innumerevoli spettacoli; il Ryman Auditorium una sorta di
mecca per tutti gli amanti del country e del bluegrass. A Nashville sono proprio nati il country e il bluegrass, due stili musicali tipicamente americani ormai amati e famosi in tutto il mondo. Questo edificio che somiglia ad una cattedrale (e lo è, a ben vedere, ma del country!) non dice molto se non si è appassionati e conoscitori del genere e se non si sa che qui sono passati alcuni tra i più importanti cantanti, artisti e musicisti legati all’universo country-bluegrass e non solo (folk, blues ecc.). È stato anche, per anni, la sede dello spettacolo-programma radiofonico The Grand Ole Opry, una istituzione sacra, tuttora on-air; non immaginate la fila di persone alla biglietteria per visitare l'interno, pazzesco. Dopo il tuffo nel "sacro" passiamo al profano:
la Printer's Alley. È una zona ricca di locali jazz, blues club, ristoranti e sale concerti un po’ più di classe anche se andarci fa quell’effetto un po’ trasgressivo e clandestino che, fino a cinquant’anni fa, era all’ordine del giorno perché qui gli alcolici, vietati fino al '68, si trovavano facilmente a discapito dei controlli della polizia, poco presenti. Ci siamo poi tuffati nella mitica Broadway, che non è la zona NewYorkesi di Manhattan che ospita teatri e spettacoli vicino alla scintillante e ricca di maxischermi digitali Time Square, ma è comunque una gran casino! Tantissima gente, traffico e soprattutto musica che risuona ovunque. Ci sono tantissime ragazze,  giovani donne. Probabilmente è una meta scelta per addii al nubilato così come ricorrenze particolari.
Molte di esse sono vestite con gli stessi colori e le stesse magliette, con le scritte più strane, e stanno su mezzi a quattro ruote allestiti come piccole piste da ballo: trattori o minibus  trasformati magnificamente in mini discoteche. Passano per le  vie del centro ballando e cantando. Dove ti giri ti giri si canta e si suona dappertutto, roba da matti. Qui a Nashville è quasi fatto obbligo comprare un cappello da cowboy e soprattutto i vaqueros, gli stivali a punta tipicamente texani. C'è un famoso negozio qui, il " Betty Boots" che, parafrasando il nome del personaggio incantevole Betty Boop,  offre due stivali al prezzo di uno. Sono bellissimi, ce ne sono per tutti i gusti e il costo va dai 150 dollari in su; riccamente e follemente istoriati sono curati nei minimi particolari.
L'odore del pellame si sente fin fuori il negozio, strapieno di gente che va via con due o più paia di nuovi acquisti. Peccato che da noi non siano proprio consoni con il nostro abbigliamento; qui li indossano sempre e dovunque ma soprattutto con qualsiasi capo. Continuando per la strada siamo sempre più allibiti: non avevamo mai visto una lunghissima strada tutta contornata di locali in cui in ognuno si suoni dal vivo. Per non farci mancare niente entriamo in uno dei più stroici: il Tootsie's Orchid Lounge, che si chiama così per il colore viola di un'orchidea che il pittore usò per dipingerelo. È composto da tre piani ed in ognuno di essi c'è una band diversa che suona; c'è sempre musica. Originariamente si chiamava Mom's fino
a quando nel '60 venne acquistato dalla signora Tootsie Bess (Hattie Louis Bess)che lo comprò e iniziò a farvi suonare i musicisti e compositori, ancora poco noti all'epoca, come Willie Nelson, Patsy Cline e tantissimi altri. È stata ed è tuttora un'icona per la città. Ci scoliamo due birre in compagnia di tantissimi americani appassionati del genere country, che non disdegnano di cantare a squarciagola le canzoni a noi pressoché sconosciute. Quasi di fronte al Tootsie c'è un altro locale famoso, il "Honky Tonk Central", Il cui nome intraducibile significa sia il tipico  bar dove si suona country, che lo stesso country contaminato dal regtime, uno stile musicale nato nell'America anni '50.
È un palazzo di diversi piani ad angolo tra la Broadway street e la 4th Avenue street, strapieno di gente, impossibile sentire musica o entrare; solo rumore e una marea di avventori. Sono già trascorse le nostre quattro ore di parcheggio e decidiamo di spostarci. Andiamo via dal centro per dirigerci, in auto, nel classico (nel vero senso della parola), il Partenone. Ebbene si, qui amano tanto l'arte classica e sono riusciti a riprodurre quasi perfettamente il Partenone, che noi abbiamo visto anni fa nella bella Atene. Si trova nel Centennial Park, a qualche km dal centro città. Il parco è immenso e molto curato, così come sono tutti i parchi pubblici degli States.
Qui sembra di stare da un'altra parte: si passeggia, ci si rilassa tra piante e prati verdi. Purtroppo non abbiamo visto l'interno del Partenone poiché già chiuso l'ingresso ai visitatori: chiude alle 16.30. La sera, dopo essere rientrati in hotel per qualche ora, ci rimbattiamo nel caos della Broadway Street con l'intenzione di mangiare qualcosa mentre si ascolta buona musica. Parcheggiata la macchina nello stesso parcheggio di stamattina, con le stesse condizioni ovvero 4 ore per 9 dollari, iniziamo a cercare qualche locale che ci ispiri più degli atri. Tentiamo di prenotare un tavolo nel BB King, un grandissimo locale con tanto di palco per le esibizioni: l'attesa per il tavolo è di 2 ore...ma neanche
suonasse l'anima di Elvis. Continuiamo e passiamo tra una marea di gente festosa e locali che vanno avanti a suon di musica. Molti di essi sono così pieni da non poter neppure vedere l'interno. È pazzesco! sembra di tornare indietro di mesi, al nostro capodanno a Patong, in Thailandia nella via  Bangla Road o anche a Bangkok nella  famigerata  Khao San Road; non si riesce né a camminare né a parlare: gente e musica, roba da matti. Neppure Las Vegas ci fece quest impressione, e ce ne vuole. Riusciamo ad infilarci nel Rippy's, un pub a diversi livelli, in ognuno dei quali vi sono diversi gruppi che suonano. Saliamo all'ultimo piano dove riusciamo a mangiare senza massacrare  le orecchie. Finito qui, scendiamo a fare un po di foto in giro: pazzesco! non ci sono parole per descriverlo. Siamo cotti da tanta gente e tanta musica che spesso ormai è forte rumore. Rientriamo in base e sinceramente tiriamo un sospiro di sollievo: silenzio. 

Dal 23 al 26 Luglio 2019, St. Louis

Partiti dalla nostra bella Chicago ci dirigiamo nell'altra città della musica St Louis, nel Missouri. Abbiamo da percorrere 480 km e li faremo con grande calma e tranquillità.
Durante il tragitto scorgiamo diverse volte il cartello di indicazione della Route 66 che spesso ci affianca. Arriviamo finalmente in questa cittadina di quasi 303.000 abitanti. Il nostro hotel è, come spesso accade, al centro della Downtown. Si chiama Missouri Athletic Club e dal 1915 accoglie i suoi ospiti. Non vi diciamo come è perché è fantascienza. Ci sono palestre super accessoriate, un campo interno da basket, sopra il quale c'è una pista da corsa; una piscina da 25 metri con tanto di corsie, al 5º piano; nella  immensa Hall esposizioni di artisti noti al mondo dell'arte. È favoloso e sinceramente il rapporto qualità prezzo è vantaggiosissimo, soprattutto per noi che abbiamo sfruttato un'offerta del circuito Booking.com. Ha però un grosso neo: la temperatura interna; praticamente è come stare in una cella frigo e anche con il condizionatore spento gli spazi comuni e la nostra stanza rimangono freddi. Il parcheggio per 18 dollari al giorno ormai ci sembra quasi economico. Usciamo a scaldarci e sondare il terreno: non c'è un'anima in giro.
Di fronte a noi si staglia il monumento simbolo della città, The Gateway Arch, l'arco d'acciaio alto 192 mt. Si può visitare e salirci in ascensore per una decina di dollari. Oltre a questo e davanti ad esso, vediamo un bel monumento in stile vittoriano; è l'Old Courthouse, antico tribunale federale magnificamente restaurato. Sede di numerosi casi cruciali, l'Old  è il luogo in cui gli schiavi Dred e Harriet Scott hanno fatto causa per la loro libertà e Virginia Minor ha combattuto per il diritto di voto delle donne. Lo visitiamo nel secondo giorno e sinceramente ne rimaniamo positivamente affascinati. Ci sono le sale dei processi, quelli che vediamo nei film americani tra la fine dell'800 e la prima metà del '900, Perry Mason insomma. Molto interessante,
soprattutto per chi ama la storia americana e mastica bene l'inglese; storie di uomini e donne che hanno combattuto per la libertà, dai nativi alle figure importantissime citate sopra. Gironzoliamo per le strade adiacenti all'hotel e facciamo le nostre colazioni al sole del parco che sta ai nostri piedi; compriamo donuts e caffè rigorosamente americano, da passeggio (ormai per noi una piacevole abitudine) e  ci sbraghiamo in questa meraviglia curatissima. L'erba che viene tagliata ogn mattina, le panchine perfette e tanti alberi fanno da contorno ad un bel laghetto e tante stradine su cui passeggiare e/o correre. È il Gateway Arch National Park, il parco nazionale della porta dell'Arco, quello di prima per intenderci, ma non c'è solo questo. Ci siamo sposati con l'auto a qualche km dal centro e abbiamo scoperto l' immensa estensione di questa città; le belle case, i quartieri ordinati, curatissimi, pochi grattacieli, molti palazzi non altissimi e le famose università che danno lustro a questa bella cittadina: la Washington University e la St. Louis University. Quest'ultima, che viene annoverato tra le migliori al mondo soprattutto in campo medico, è distesissima e ogni facoltà è compresa in padiglioni distribuiti per tutto un quartiere ad essa dedicato.
È una cittadella universitaria insomma. Altri istituti scolastici e qualche attività commerciale si affiancano e circondano le strade, spesso deserte, larghe e perfette. Molti teatri e tanti locali dove si suona della buona musica ne fanno davvero un'altra bella città di arte, musica  e cultura. Una delle meraviglie che abbiamo avuto occasione di vedere, sempre a qualche km dal centro, è il magnifico Forest Park: 5.260 Km² di verde, laghi, fontane, percorsi ciclabili, lo zoo, un giardino botanico invidiabile, un museo scientifico e uno storico. Oltre a tutto questo vi si trova il magnifico Muny. È il teatro comunale dell'opera di St. Louis; è un anfiteatro che può ospitare 11.000 persone, paganti il biglietto d'ingresso ma lasciando 1.500 posti gratuiti nelle ultime nove file disponibili in base all'ordine di arrivo.
La stagione degli spettacoli inizia a metà giugno per finire a metà agosto. In questi due giorni in cui siamo stati qui stanno programmando "Footloose" e ne abbiamo sentito le prove durante un pic nic. Purtroppo l'impedimento della comprensione della lingua inglese ci ha impedito di rischiare di assistervi.  Il Forest Park fa parte del circuito dei parchi nazionali degli States, così come il Gateway Arch, quindi chi avesse la tessere dei parchi può accedere in molte aree utilizzandola. Si dice che  circa 13 milioni di perone vengano qui ogni anno. È uno dei polmoni della città, quello più frequentato e tra i più grandi e belli al mondo; sinceramente, il central Park di New York fa una pessima figura al suo cospetto. E dire che la prima sera, quando abbiamo
esplorato i dintorni a piedi, questa città ci aveva un po deluso; era deserta, locali chiusi e davvero bruttina. Poi abbiamo capito che è la parte del centro ad essere così, il resto è davvero bello. Tra le altre cose abbiamo fatto visita a due chiese importanti, San Francesco, molto bella e richiamate lo stile neogotico e la Cattedrale di St. Loius. Èuuna chiesa cattolica dedicata a San Luigi di Francia completata nel 1914 in stile neobizantino. È la chiesa madre dell'Arcidiocesi di St. Louis. È davvero bellissima sia all'esterno, con le cupole verde smeraldo, che all'interno con l'arricchimento di immensi mosaici.  Abbiamo finito il piccolo soggiorno allietandoci con le note blues di un artista noto nella zona
John Cooper nel BB'S Jazz Blues Soup, un bel locale tipicamente jazz & blues che ti permette di entrare con 5 dollari; la consumazione è d'obbligo ma i prezzi sono accessibilissimi. Noi abbiamo anche cenato: alette di pollo fritte, due birre, patatine e insalatina per la "modica" cifra di 45 dollari (aiAmerica). Che dire in conclusione, St. Louis come Chicago offre davvero tanto ai suoi concittadini e altrettanto ai turisti, una gran bella citta.